Vitae summa brevis spem nos vetat inchoare longam
(Hor. Carminum Liber I, IV)
Vorrei cercare solo di studiare me stesso.
Vorrei comprendere cosa mi ha spinto a diventare fisiologo, conoscere le difficoltà che ho superato nel mio cammino, le motivazioni che mi hanno sostenuto.
Primi studi e l’incontro con Mario Camis e Frederic Bremer
Nel 1927 Moruzzi si iscrisse alla facoltà di medicina a Parma. Frequentò come allievo interno l’Istituto di Anatomia diretto dal professor Antonio Pensa, uno dei tanti validi ricercatori formatisi alla scuola del premio Nobel Camillo Golgi.
Da Pensa Moruzzi imparò le tecniche istologiche più importanti, incluse quelle del Golgi. Nel 1930 pubblicò il suo primo lavoro sullo strato dei granuli del cervelletto, un lavoro puramente morfologico corredato da disegni dei suoi preparati di mano di Pensa. Nel 1930 Pensa, trasferito all’Università di Pavia, offrì a Moruzzi di seguirlo con la possibilità di una carriera in anatomia, ma Moruzzi decise di rimanere a Parma sia per la grande crisi economica, sia perché l’anatomia non l’attraeva. Entrò allora, sempre come allievo interno, nell’Istituto di fisiologia diretto dal professor Mario Camis, che aveva lavorato a Liverpool con il grande neurofisiologo Charles Scott Sherrington.
Camis intuì le potenzialità di ricercatore di Moruzzi, gli insegnò le tecniche neurofisiologiche di Sherrington e lo seguì nella carriera con affetto paterno. Moruzzi fu assistente di Camis a Parma dal 1933 al 1935 e a Bologna dal 1936 al 1938, anno in cui Camis, ebreo, fu allontanato dall’università a causa delle leggi razziali fasciste. Uno dei suoi ultimi atti fu quello di procurare a Moruzzi una borsa di studio della Fondazione Rockefeller per andare a lavorare in Belgio con Frederic Bremer, un altro allievo di Sherrington.
Anni dopo Moruzzi racconterà:
“Sono andato a Bruxelles per lavorare nel laboratorio del professor Frederic Bremer. Ho studiato le sue tecniche-encéphale isolé, cerveau isolé, l’attività elettrica della corteccia; fu un anno molto attivo! Per la prima volta ho potuto registrare l’attività elettrica di fenomeni corticali. Bremer era già un famoso fisiologo, ma non aveva un grande laboratorio perché la cattedra di fisiologia era stata assegnata ad un altro professore. Bremer aveva la cattedra di patologia generale, la materia che insegnava, ma in laboratorio faceva solo ricerca neurofisiologica. Mi ha colpito la sua grande lucidità, la sua immagine visiva del sistema nervoso centrale ispirata da Sherrington. Mi insegnava a vedere il neurone nello spazio per avere una visione completa, e da lui ho imparato un modo di pensare, spero più chiaramente.” (Marshall, 1987)
Elettrofisiologia
L’esperienza con Bremer gli permise di acquisire un’esperienza diretta dell’elettrofisiologia normale e patologica della corteccia cerebrale e soprattutto lo invogliò ad indagare i meccanismi cerebrali del ciclo sonno-veglia, a quei tempi ancora in gran parte sconosciuti. In un anno di lavoro a Bruxelles era riuscito a pubblicare ben otto articoli come unico autore e si era convinto che avrebbe avuto successo come fisiologo solo concentrando le sue ricerche sul sistema nervoso. Per questo scopo andò a lavorare, presentato da Bremer, con il fisiologo di Cambridge Edgar Douglas Adrian. Adrian aveva intrapreso la strada della ricerca esclusivamente neurofisiologica molti anni prima, vincendo nel 1932 il premio Nobel per la fisiologia o la medicina insieme a Sherrington per le loro indipendenti scoperte sulle funzioni dei neuroni.
Università di Cambridge, collaborazione con Lord Edgar Douglas Adrian
Cambridge
Trasferitosi alla fine del 1938 a Cambridge, Moruzzi collaborò con Adrian in un esperimento destinato a entrare nella storia della neurofisiologia. Il lavoro di Adrian e Moruzzi, pubblicato nel Journal of Physiology nel 1939, fornì la prima prova che i neuroni corticali del fascio piramidale, come presumibilmente altri neuroni corticali, partecipano all’attività spontanea del cervello con una continua emissione di potenziali d’azione anche in assenza di movimenti. La registrazione dei potenziali d’azione dagli assoni dei neuroni corticali motori nel fascio piramidale stabilì che il codice di frequenza scoperto da Adrian nei nervi periferici era utilizzato anche dalla corteccia cerebrale, costituendo così un sistema unitario di comunicazione fra i neuroni in tutte le attività funzionali del sistema nervoso, dalla percezione al movimento, al pensiero e all’azione. Come Adrian stesso riconobbe sempre, il giovane Moruzzi dette contributi essenziali alla scoperta, suggerendo ed eseguendo ingegnosi esperimenti di controllo decisivi per l’accertamento dell’origine corticale dei potenziali d’azione registrati. Tra i due si instaurò una profonda e duratura amicizia, e tre anni dopo la morte di Adrian Moruzzi illustrò la sua personalità umana e scientifica in un ricordo appassionato. [In memoriam Lord Adrian (1889-1977), in Reviews of Physiology Biochemistry Pharmacology, LXXXVII [1980], pp.1-24 ]
Quando nell’agosto del 1939 Moruzzi andò a Copenaghen a portare i risultati del lavoro con Adrian al Congresso Internazionale di Neurologia, la situazione politica in Europa si faceva sempre più minacciosa per le pretese territoriali della Germania nazista, che aveva appena firmato un patto di non aggressione con l’Unione Sovietica. Al Congresso Moruzzi incontrò per la prima volta Rita Levi-Montalcini, che allora lavorava in Belgio per sfuggire alle persecuzioni razziali fasciste contro gli ebrei.
Nel ricordo di Rita,
“Il primo settembre 1939, il giorno dell’invasione di Danzica, io conobbi Moruzzi. Eravamo a Copenaghen per una conferenza, e per la prima volta incontrai questo giovane che mi impressionò per il modo serio col quale fronteggiava gli eventi, per la fama che aveva già: aveva solo ventinove anni allora, ma di lui si sapeva già quel che aveva fatto. Io fui colpita quando lo conobbi di persona: lui non sapeva niente di me, io ero una perfetta sconosciuta, cacciata per questioni razziali, costretta ad abbandonare il mio Paese e a rifugiarmi dove mi avevano offerto un lavoro, in Belgio. Per combinazione ci trovammo insieme a Copenaghen quando i giornali recavano in prima pagina l’annuncio dell’invasione di Danzica, il che voleva dire l’inizio della guerra.” (Rita Levi-Montalcini, un ricordo di Giuseppe Moruzzi, 2010)
Rientro a Bologna
Il mese dopo l’esercito tedesco invase la Polonia, dando inizio alla guerra contro Francia e Inghilterra e di fatto alla seconda guerra mondiale. Poiché l’Italia fascista per il momento si dichiarava non belligerante, Moruzzi avrebbe potuto rimanere a Cambridge, ma la certezza che Mussolini avrebbe presto seguito Hitler lo spinse a ritornare in Italia. Rientrato a Bologna come assistente di Giulio Cesare Pupilli, titolare della cattedra di fisiologia dopo la radiazione di Camis perché ebreo, Moruzzi si adattò a far ricerca dignitosamente con pochi mezzi in laboratori sguarniti di attrezzature moderne. Tra il 1942 ed il 1943 insegnò anche fisiologia e farmacologia all’Università di Siena come professore incaricato, viaggiando avventurosamente tra Bologna e la Toscana sotto i bombardamenti aerei. Finita la guerra, fu professore incaricato a Parma dal 1945, vincendo poi la cattedra di fisiologia all’Università di Ferrara nel 1946. Nel 1947 Moruzzi pubblicò in inglese nel Journal of Neurophysiology un riassunto delle modeste ricerche che aveva fatto durante la guerra sui riflessi e sul sonno nel piccione talamico, e ne mandò delle copie al Ranson’s Institute of Neurology della Northwestern University di Chicago, chiedendo di trascorrere un periodo di studio e ricerca presso quell’Istituto. Wendell Krieg, direttore dell’Istituto, rispose offrendo a Moruzzi per l’anno accademico 1948-49 una “visiting professorship” finanziata dalla Fondazione Rockefeller. Nel 1948 Moruzzi fu chiamato per trasferimento all’Università di Pisa, anch’essa duramente colpita dalle vicende belliche, ma chiese un anno di congedo per accettare l’invito di Krieg e per poter lavorare in un ambiente scientifico non afflitto dalle ristrettezze materiali e morali in cui la dittatura e la guerra avevano fatto precipitare l’Italia.
Edgar Douglas Adrian con Moruzzi, nel 1954, durante una visita a Villa Torrigiani, nei pressi di Lucca
Northwestern Univrsity di Chicago e l’incontro con Horace Magoun
Approdato a Chicago nel 1948, dovette amaramente constatare che al Ransom Institute non c’erano laboratori e gli impegni della “visiting professorship” consistevano solo in lezioni accademiche e non includevano la ricerca scientifica. Come Moruzzi raccontò tempo dopo,
“non sapevo che il Ranson’s Institute fosse stato smantellato dopo che il suo fondatore era morto [Stephen W. Ranson(1880–1942] per l’ostilità del preside della facoltà di medicina verso la neurofisiologia. C’era solo il bellissimo studio di Ransom con tendaggi dorati, ma nessuna possibilità di fare ricerca”.
Gli venne in soccorso Horace W. Magoun, del Department of Anatomy, che gli mise a disposizione il suo piccolo ma attrezzato laboratorio.
“Magoun mi disse gentilmente: ‘Bene, vieni e lavora con me nel mio piccolo laboratorio nel dipartimento di anatomia. Puoi fare quello che vuoi e tutta la strumentazione è a tua disposizione.” (Marshall, 1987).
La grande scoperta
In quel piccolo laboratorio Moruzzi e Magoun fecero una scoperta rivoluzionaria destinata a cambiare le concezioni teoriche e pratiche sull’organizzazione funzionale dell’encefalo non solo in neurofisiologia, ma anche in tutte le altre neuroscienze di base e cliniche. Il loro lavoro dimostrò che la formazione reticolare del tronco dell’encefalo costituisce un sistema regolatore generale dell’attività cerebrale e particolarmente della corteccia. La sua stimolazione elettrica ripetitiva causa specificamente il risveglio comportamentale ed elettroencefalografico di animali addormentati o leggermente anestetizzati con cloralosio. Il successo della ricerca fu reso possibile dalla felice combinazione fra la conoscenza dell’attività elettrica corticale di Moruzzi, acquisita nei laboratori di Bremer ed Adrian, e le precedenti ricerche di Magoun sull’azione regolatrice della formazione reticolare sul midollo spinale. Nel 1981 la rivista Current Contents scelse il lavoro di Moruzzi e Magoun (1949) come “citazione classica” sulla base di più di 840 citazioni ricevute nel periodo tra il 1961 e il 1981. È una pietra miliare che ha influenzato non solo gli studi neurofisiologici, ma anche quelli farmacologici, psicologici e psichiatrici, neurochirurgici e neurologici, gettando anche luce sulla patofisiologia del coma e degli stati alterati di coscienza.
“Durante la mia fortunata permanenza alla Northwestern University ho scoperto che Magoun aveva una straordinaria conoscenza dell’anatomia del cervelletto e di tutto il sistema nervoso centrale. Ho imparato a usare l’apparecchio stereotassico di Horsley-Clarke, senza il quale la nostra ricerca sarebbe stata impossibile. Magoun aveva già fatto un magnifico lavoro sul sistema reticolare discendente e sulla sua anatomia, cosicché la nostra era una collaborazione ideale. È strano nella vita come accadono alcuni eventi. Se non avessi iniziato con Adrian a lavorare sul gatto in anestesia da cloralosio, non avrei mai avuto a disposizione questo preparato così utile alla collaborazione con Magoun. Quando sono tornato dall’Inghilterra in Italia ho trovato il laboratorio vuoto e ho dovuto arrangiarmi a fare esperimenti sugli effetti motori dell’anestesia da cloralosio. Se avessi trovato molti strumenti, non avrei mai lavorato sugli effetti del cloralosio e non avrei posseduto una tecnica così importante per lo studio della reticolare. Ho passato tre anni all’estero – con Bremer, Adrian e Magoun – e tutti e tre sono stati anni meravigliosi.” (Marshall, 1987)
RITORNO A PISA
Nel 1949 Moruzzi torna in Italia come Direttore dell’Istituto di Fisiologia Umana a Pisa. L’Istituto era quasi vuoto, perché la maggior parte degli strumenti era stata distrutta o persa durante la guerra. Per fortuna Moruzzi ricevette una generosa sovvenzione dal Rockefeller Foundation e con l’aiuto anche di fondi italiani acquistò le più moderne attrezzature per lo studio del sistema nervoso. Si impegnò a riportare sugli scaffali della biblioteca dell’Istituto, depredata durante la guerra del suo ricco patrimonio librario, le collezioni complete di tutte le riviste di interesse fisiologico. Fondò l’Istituto di neurofisiologia del Consiglio nazionale delle ricerche, dotato di personale e laboratori propri, e lo affiancò all’Istituto universitario, creando, così, un centro di livello mondiale per lo studio del sistema nervoso. In questo ambiente ideale per la ricerca e la didattica si formarono decine di giovani ricercatori italiani e stranieri, attirati dalla fama scientifica di Moruzzi.
A Pisa, Moruzzi riscoprì alcuni suoi interessi dei lavori giovanili, approfondendo aspetti e funzioni del cervelletto, nonché lo studio del funzionamento della formazione reticolare analizzando la reattività di singoli neuroni reticolari a stimoli da vari organi di senso. Dimostrò che il sonno è un processo attivo del sistema nervoso, iniziato da porzioni della reticolare caudale, e non una mera interruzione della veglia. Con Batini, Palestini, Rossi e Zanchetti scoprì che una sezione del ponte a livello pretrigeminale produce nel gatto un’insonnia comportamentale ed elettroencefalografica di lunga durata. Questi studi dimostrarono una differenziazione e specializzazione delle diverse parti della formazione reticolare: la presenza di un sistema rostrale del tronco encefalico con una funzione desincronizzante (veglia) e un sistema caudale capace di indurre sincronizzazione (sonno) dell’encefalo.
BIOGRAFIA
Giuseppe Moruzzi è nato il 30 luglio 1910 a Campagnola Emilia, in provincia di Reggio Emilia, primogenito di Giovanni Moruzzi, medico, e di Bianca Carbonieri. Entrambi i genitori appartenevano a famiglie della buona borghesia agraria emiliana. Moruzzi trascorse parte dell’infanzia e dell’adolescenza nella casa di famigli al Bombodolo, una villa del Seicento presso Noceto in provincia di Parma. Studiò nelle scuole pubbliche di Parma e la sua formazione fu fortemente influenzata dalle notevoli tradizioni culturali della famiglia, a lui trasmesse soprattutto da un prozio del ramo paterno, Paolo Cavacciuti, medico a Genova e uomo di grande e varia cultura.
“Io ho avuto la fortuna di trovare in famiglia un ambiente culturale stimolante. La biblioteca dei miei genitori era abbastanza ricca. Prevaleva la letteratura francese del secolo XIX. Cominciai a leggere le novelle di Maupassant, di cui avevamo la collezione completa, i romanzi di Balzac, Flaubert, Stendhal, le poesie di Baudelaire. […] Un’altra biblioteca che mi affascinava era quella della famiglia Carbonieri, che era stata trasportata da Campagnola nel palazzo che mio nonno aveva acquistato a Modena verso il 1912. La biblioteca era stata formata da mio bisnonno Francesco Carbonieri ed era prevalentemente costituita da libri stampati fra il 1800 e il 1866, l’anno della sua morte. C’erano anche l’enciclopedia di D’Alembert e Diderot nell’edizione originale del ‘700, la collezione dei classici latini stampati dal Pomba, la storia naturale del Buffon. […] Durante i mesi estivi io andavo spesso a piedi a trovare mio Zio Paolo Cavacciuti, che mi affascinava con la sua bontà, la sua intelligenza e la sua immensa cultura. Facevamo insieme delle passeggiate e lui mi recitava l’Orlando Furioso e la Divina Commedia, che conosceva in gran parte a memoria. La biblioteca di mio bisnonno era formata per una metà circa di classici latini e per un’altra metà di vecchi libri di Medicina che dal ‘500 andavano fino alla metà del secolo XIX. Questa biblioteca si trova ora al Bombodolo ed è stata ben riordinata e arricchita da mio figlio Paolo. Un altro parente che ha esercitato un grande influsso su di me era mio zio Fausto Bianchi, che aveva sposato una sorella di mia Madre. Era laureato in legge e avvocato, ma non esercitava la professione. Era cugino del sen. Luigi Bianchi, il grande matematico di Pisa. Aveva una splendida biblioteca e anche lui era orientato verso gli studi umanistici.” (Moruzzi. Ricordi, in Wade N.J., Meulders M. & Piccolino M., 2010)
Ottenuta la maturità classica nel 1927, si iscrive alla facoltà di medicina dell’Università di Parma, rinunciando a una forte inclinazione per gli studi storici e umanistici,
“[…] studiai all’Università di Parma, nella Facoltà di Medicina. Ho scelto la medicina per molte ragioni. In realtà mi interessava molto storia e letteratura, e non era propenso a intraprendere studi medici. Ma c’era una crisi economica in Italia e ho pensato che in campo medico, forse, non fosse difficile trovare un lavoro. C’era una tradizione in famiglia per la medicina a causa del mio bisnonno, fu professore di patologia generale a Parma nel 1842 e mio zio era medico e lavorò con Charcot a Parigi. Anche mio padre era un medico e studiò in Germania e Francia intorno al 1910. Nella nostra casa di campagna abbiamo ancora la completa biblioteca di mio nonno, libri di medicina del 18° e della prima metà del 19°secolo.” (Marshall, 1987)
Negli ultimi anni della sua vita affrontò con dignità e coraggio la malattia di Parkinson. Morì a Pisa l’11 marzo 1986. Lasciò la moglie Maria Vittoria Venturini e i figli Giovanni, fisico, e Paolo, cardiologo, con i quali aveva costituito una famiglia molto unita e ricca di ideali e di affetti.
Giuseppe Moruzzi e la biblioteca dell’Istituto di Fisiologia
“La storia della biblioteca dell’Istituto di Fisiologia, dell’Università di Pisa iniziò e si sviluppò nei primi decenni del secolo (novecento), quando i professori Aducco e Spadolini si adoperarono per raccogliervi tutte le più importanti riviste internazionali e nazionali di Fisiologia che si pubblicavano allora. Purtroppo, durante l’occupazione tedesca di Pisa nella Seconda guerra mondiale la biblioteca fu spogliata quasi interamente dagli occupanti, che con l’improbabile motivazione di voler salvare i libri dai bombardamenti, li misero su di una nave, credo a La Spezia, perché fossero portati a Genova e poi in Germania. Ma la nave fu subito affondata, e il suo carico fu perso per sempre.
Quando il prof. Moruzzi assunse la direzione dell’Istituto nel 1949, fra i tanti pesanti compiti che assegnò a se stesso scelse come prioritario quello di ricostruire la biblioteca. In questo compito egli profuse dei tesori non certo di denaro, che allora era molto poco, ma del suo tempo e soprattutto del suo impegno. Grazie ad oculate ricerche sul mercato dell’antiquariato librario e agli scambi con gli «Archives italiennes de Biologie», la rivista da lui risuscitata nei primi anni ‘50, a poco a poco egli riuscì a riacquistare quasi tutte le riviste di Fisiologia che erano state sottratte. Quando io arrivai a Pisa alla fine del 1959, la biblioteca era già un modello di organizzazione e di completezza. Tuttavia, in alcune delle collezioni di riviste mancava qualche raro volume che non era stato possibile reperire sul mercato. A tutti noi giovani che lavoravamo allora sotto la sua guida il prof. Moruzzi, chiedeva un impegno assoluto nell’attività di ricerca, ma nei ritagli di tempo ci affidava delle mansioni di mantenimento e di sviluppo dell’Istituto, tenendo conto anche delle nostre propensioni personali. A me aveva affidato l’incarico di cercare i volumi mancanti delle riviste scrivendo a tutti gli antiquari europei ed americani, e sottoponendo le eventuali offerte di fornitura all’illuminato benestare della signora Graziella Luparini, che teneva i conti dell’Istituto sotto un ferreo controllo.
[…]
La memoria del nome di Giuseppe Moruzzi è affidata ai suoi lavori scientifici che continueranno a vivere a lungo dopo la morte di noi tutti che oggi siamo qui a ricordarlo. Ma sono certo che a lui piaceva l’idea di essere ricordato, per così dire, in forma anonima, come creatore di una biblioteca destinata anch’essa, auguralmente, a sopravvivergli per moltissimi anni. Lo so perché quando visitava grandi biblioteche in Italia e all’estero era appassionato non solo di libri ma anche dell’architettura classica delle sale di lettura e delle scaffalature, che prediligeva in legno soppalcate, per esempio amava molto la cosiddetta Sala Teresiana della biblioteca di Pavia- diceva di provare un fortissimo senso di gratitudine per chiunque, noto o ignoto, avesse partecipato a creare questi centri del sapere e a conservarli per gli studiosi del presente e del futuro. Per lui le biblioteche dovevano essere belle, complete e soprattutto fruibili da chiunque volesse leggere, imparare e sapere. La sua esigenza quasi feroce del rispetto delle regole della buona funzionalità, lungi dall’essere una manifestazione di esercizio del potere, aveva lo scopo di far sì che i libri fossero sempre reperibili da chiunque in una collocazione accessibile e chiaramente indicata da codici di catalogazione chiari e comprensibili. Del resto tutti coloro che lavoravano in Istituto potevano accedere alla Biblioteca sia di giorno che di notte, sempre a patto che rispettassero le regole, e anche i numerosi utenti esterni potevano frequentarla per gran parte della giornata. Fin da ragazzo ho conosciuto il piacere che si prova nello scovare un libro desiderato sugli scaffali di una biblioteca; dal prof. Moruzzi ho imparato che si può provare altrettanto piacere nel mettere a disposizione di un altro, magari sconosciuto, i libri che gli servono. […]”
Estratto dell’intervento del professor Giovanni Berlucchi in occasione della Cerimonia commemorativa per il decennale della scomparsa del professor Giuseppe Moruzzi
Riconoscimenti
- Nel 1956 in onore della sua carriera scientifica ricevette il Premio Feltrinelli dell’Accademia nazionale dei Lincei
- Nel 1965 il premio Lashley dell’American Philosophical Society
- Nel 1969 il premio Saint-Vincent dell’Accademia di Medicina di Torino
- Nel 1971 il premio Kenneth Craik del St. John’s College di Cambridge
Fu membro onorario dell’American physiological society e socio eletto di molte accademie e società scientifiche nazionali e straniere, fra le quali l’Accademia nazionale dei Lincei, l’Accademia nazionale dei XL, la Pontificia academia scientiarum, l’American philosophical society e l’American academy of arts and sciences. Gli furono concesse lauree ad honorem dalle università di Pennsylvania (1963), Lione (1963), Lovanio (1964), Oslo (1965), Zurigo (1969) e Monaco di Baviera (1972).
Pubblicazioni selezionate:
La lista completa dei lavori pubblicati da Moruzzi è stata pubblicata in Archives Italiennes de Biologie, 149 (Suppl.): 223-235, 2011. Clicca qui per visualizzala.
- Adrian E.D. and Moruzzi G. High frequency discharges from cerebral neurones. J. Physiol., Lond., 95: 27-28, 1939.
- Adrian E.D. and Moruzzi G. Impulses in the pyramidal tract. Physiol., Lond., 97: 153- 199, 1939.
- Arduini A., Moruzzi G., Zanchetti A. Ricomparsa delle reazioni visive di difesa nel piccione talamico acuto in seguito a stimolazione chimica del tetto ottico controlaterale. Boll. Soc. ital. Biol. sper., 24: 584-585, 1948.
- Arduini A. and Moruzzi G. Azione della sostanza reticolare del tronco dell’encefalo sulla sincronizzazione talamica ed atalamica dei neuroni del bulbo olfattorio. Boll. Soc. ital. Biol. sper., 27: 107-108, 1951.
- Batini C., Moruzzi G., Pompeiano O. Sui meccanismi di compensazione dei fenomeni dinamici di Luciani. Boll. Soc. ital. Biol. sper., 32: 1291-1292, 1956.
- Batini C., Moruzzi G., Palestini M., Rossi G.F., Zanchetti A. Elettroencefalogramma e comportamento nel gatto dopo sezioni pontine. Boll. Soc. ital. Biol. sper., 33: 1604-1605, 1957.
- Batini C., Moruzzi G., Palestini M., Rossi G.F., Zanchetti A. Persistent patterns of wakefulness in the pretrigeminal midpontine preparation. Science, 128: 30-32, 1958.
- Batini C., Moruzzi G., Palestini M., Rossi G.F., Zanchetti A. Effects of complete pontine transections of the sleep-wakefulness rhythm: the midpontine pretrigeminal preparation. ital. Biol., 97: 1-12, 1959.
- Baust W., Berlucchi G., Moruzzi G. Changes in the auditory input during arousal in cats with tenotomized middle ear muscles. ital. Biol., 102: 675-685, 1964.
- Berlucchi G., Moruzzi G., Salvi G., Strata P. Fenomeni pupillari durante il sonno fisiologico nel gatto. C. Accad. Lincei, Cl. Sci. fis., mat. nat., Serv. VIII, 34: 22-26, 1963.
- Berlucchi G., Maffei L., Moruzzi G., Strata P. EEG and behavioral effects elicited by cooling of medulla and pons. ital. Biol., 102: 372-392, 1964.
- Brunelli M., Magni F., Moruzzi G., Musumeci D. Effects of pontine stimulations on sleep and waking behaviors in the pigeon. In: Petre- Quadens O. and Schlag J.D. (Eds.), Basic Sleep Mechanisms, New York, Academic Press, 1974, pp. 33-49.
- De Niederhausern A. and Moruzzi G. Problemi patogenetici e diagnostici nello studio dell’epilessia umana. Giorn. Med. mil., 90: 3-31, 1942.
- Maffei L., Moruzzi G., Rizzolatti G. Geniculate unit reponses to sinewave photic stimulation during wakefulness and sleep. Science, 149: 563-564, 1965.
- Moruzzi G. La rete nervosa diffusa (Golgi) dello strato dei granuli del cervelletto. Arch. ital. Anat. Embriol., 28: 238-252, 1930.
- Moruzzi G. Azione del paleocerebellum sulle modificazioni del tono posturale prodotte dai riflessi labirintici e cervicali. Boll. Soc. ital. Biol. sper., 11: 26-28, 1936.
- Moruzzi G. Azione del paleocerebellum sui riflessi vasomotori. Soc. ital. Biol. sper., 12: 676-677, 1937.
- Moruzzi G. Etude de l’activité électrique de l’écorce cérébrale dans l’hypoglycémie insulinique et dans différentes conditions modifiant le métabolisme des centres. Arch. int. , 48: 45-101, 1939.
- Moruzzi G. Brookhart J.M., Snider R.S. Activity of single units in the cerebellar cortex. Fed. Proc., 8: 113, 1949.
- Moruzzi G. and Magoun H.W. Influence of bulbo-reticular stimulation upon electrical activity of cerebral cortex. Fed. Proc., 8: 113, 1949.
- Moruzzi G. and Magoun H.W. Brain stem reticular formation and activation of the EEG. EEG clin. Neurophysiol., 1: 455-473, 1949.
- Moruzzi G. The physiological properties of the brainstem reticular system. In: Adrian E.D., Bremer F., Jasper H.H. (Eds.), Brain Mechanisms and Consciousness, Oxford, Blackwell Sci. , 1954, pp. 21-53.
- Moruzzi G. The midpontine pretrigeminal cat. Arch. int. Pharmacodyn., 140: 227-230, 1962.
- Moruzzi G. Sleep and instinctive behavior. Arch. ital. Biol., 107: 175-216, 1969.
- Moruzzi G. Lord Adrian and the nature of neural conduction. Trends Neurosci., 5: 262-265, 1982.
- Scheibel M., Scheibel A., Mollica A., Moruzzi G. Convergence and interaction of afferent impulses on single units of reticular formation. J. Neurophysiol., 18: 309-331, 1955.
- Whitlock D.G., Arduini A., Moruzzi G. Le scariche d’impulsi nervosi nel fascio piramidale durante il sonno e durante la reazione elettroencefalica di risveglio. Boll. Soc. ital. Biol. sper., 28: 628-629, 1952.
- Zanchetti A., Wang S.C., Moruzzi G. The effect of vagal afferent stimulation on the EEG pattern of the cat. EEG clin. Neurophysiol., 4: 357-361, 1952.
BIBLIOGRAFIA
- Berlucchi G, (2008) British roots of Italian neurophysiology in the early 20th century, in Current Biology, XVIII, 2, pp. R51-R56;
- Berlucchi G (2012). MORUZZI, Giuseppe. Dizionario Biografico degli Italiani – Treccani Volume 77
- Marshall, L.H., (1987). An Annotated Interview with Giuseppe Moruzzi, 1910-1986. Experimental neurology 97,225-242
- Wade N.J., Meulders M. & Piccolino M., (2010). Giuseppe Moruzzi. Ritratti di uno scienziato-Portraits of a scientist, ETS 2010
- VIDEO – Rita Levi-Montalcini ricorda Giuseppe Moruzzi – Rita Levi-Montalcini remembers Giuseppe Moruzzi – English subtitles, su youtube.com
CREDIT
Ringraziamenti
Siamo grati a Marco Piccolino e Paolo Moruzzi per averci permesso l’utilizzo delle foto pubblicate in questa pagina. Tutte le foto sono pubblicate nel libro “Giuseppe Moruzzi. Ritratti di uno scienziato-Portraits of a scientist” di Wade N.J., Meulders M. & Piccolino M., (2010), ETS 2010
Credit
Per citare questa pagina, usa il seguente formato:
Mele, S. e Berlucchi G. (2022). Biografia di Giuseppe Moruzzi. In Associazione per le Neuroscienze Giuseppe Moruzzi. Retrieved from https://associazionemoruzzi.it/gmoruzzi/